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2013© Grazia Longo
L'aveva presa quasi con la forza. Sicuramente in modo subdolo e inevitabile. D'altronde erano sposati. Era un diritto, no?
Una
cosa era certa, si trovavano in una condizione in cui lei non poteva
rifiutarsi. C'erano i figli, nella stanza accanto, la parete di
divisione era sottilissima, in quell'albergo di montagna. E la porta
che divideva le due stanze attigue era senza chiave.
I bambini di là erano
eccitati, si sentivano vociare allegramente dopo una giornata passata
sulle piste da sci, mentre si preparavano per la cena.
Lui consumò
in fretta, (lei, non la cena!), senza neanche guardarla negli occhi.
Approfittò semplicemente della situazione. Lo fece in un modo più disgustoso del
solito. In realtà, si masturbò con il corpo di lei. Né più e né meno
di come si fa con una bambola gonfiabile. E altrettanto disgustosamente
si staccò da lei. Si rivestì con cura, senza degnarla, neanche dopo,
di uno sguardo …
Eppure lei, di una bellezza sconvolgente, in quel
momento era sexy da impazzire, con le chiome scomposte e con quella sua
nudità vinta ... era disarmante ora, come non mai. La sua bellezza era
diventata commovente.
Lui si limitò a dire, col tono melenso di un
becchino che fa le condoglianze: “E’ tardi … ci stanno aspettando per
la cena, io vado, vedi di sbrigarti e raggiungimi giù al più presto,
con i bambini”.
Poi, fischiettando in sordina, si accinse a
scendere al piano ristorante, con l'aria di chi aveva semplicemente
consumato l'aperitivo in camera.
Lei, si era infilata la vestaglia
senza allacciarla. La chiuse, incrociando le braccia come in un
abbraccio struggente a se stessa e si tastò il corpo, come se non fosse
il suo..
Si sentiva di gomma, completamente anestetizzata. E anche
il pavimento sotto i suoi piedi nudi sembrava inconsistente, come se
stesse camminando su soffice ovatta.
Solo il suo stomaco sembrava vivo. Una sensazione violenta di nausea, dalle visceri, in un attimo, le corse fino in gola.
Era
in uno stato di estraniamento indescrivibile, le sembrava quasi di
vedersi dal di fuori, come se stesse assistendo alla scena d’un film.
Improvvisamente
senti il sangue martellarle le tempie, un brontolio sordo venire dal
profondo dell’anima, un ribollire di lava incandescente, in ogni sua
fibra.
Eppure non batté ciglio, non mosse neanche un muscolo. Con
il viso immobile, come fosse una maschera di cera, sibilò a denti
stretti: "Questa è l'ultima volta”.
Poi i suoi splendidi occhi di giada, divennero due fessure e, per la prima volta, lasciarono passare un lampo d'odio.
Lui
non badò a nulla, stava già chiudendo la porta alle sue spalle. Non
ebbe alcuna esitazione, come se non avesse sentito. Come se lei non
avesse parlato. Come se lei nemmeno esistesse.
Tanto una bambola di gomma neanche respira.
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"Voglio che tu tremi, leggendomi, come tremo io, scrivendomi ..." Copyright©2011 Grazia Longo (Opere pubblicate ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni.La riproduzione, anche parziale, è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge. Qualsiasi opera dell’ingegno è tutelata da Licenza CC, con esclusione di riproduzione senza corretta attribuzione.) Buona lettura! Grazia Longo
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Brava! Un caro saluto!
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