mercoledì 8 settembre 2010

AH! SAKINEH!

Ho tante pietre acuminate
impigliate nel cuore.

Faccio fatica ad alzare
i miei piedi da terra.

Oggi sono stanchi del peso,
i miei passi.

Affondano in un fango
che ha per nome dolore.

E i miei pensieri
sono lucidi sassi
levigati dall’onda
d'instancabile odio.

Sabbie mobili
in secoli di storia
che si ripete,
come un disco incantato.
(Mai del tutto rotto!)

Vergogna sparsa nei secoli,
assieme a lacrime e sangue
e urla strozzate,
in gole soavi.

In nome di un dio che veste
i panni crudeli di turpi menti.

Ho sabbia pungente
negli occhi
e pensieri di pietra
mi frullano in testa.

Ho lacrime amare
nelle mie mani graffiate
dalle mie stesse unghia.

Ho stretto i miei pugni,
pensando ai solchi di frusta
sulla tua candida pelle.

E ho il rugginoso sapore
del mio sangue, nella bocca.

Ho morso le mie labbra
pensando al tuo dolore.

Ma nelle mie tasche vuote
ho il vento della libertà.

E ho un arco teso,
nelle mie mani d’amazzone.

Lo userò per scagliare parole,
come lance e frecce e dardi.

Fossi madre di quei
lanciatori di pietre,

o di tutti quei vili
che stuprano anime
e corpi di donna,

maledirei i mie figli
e li consegnerei all’inferno
d’una vita
senza l’amore di madre,
in eterno.

No, tu non morirai,
non morrai Sakineh!

Tu sei ogni donna
che cammina libera,
in ogni strada del mondo.
Donna d’ogni tempo.

E noi donne siamo,
e saremo tutte,
sotto ogni pioggia
di pietre.

Saremo lì,
tutte,
sotto le pietre
dei mostri,
così lontani
da qualunque dio,
stanotte.

E ogni notte che verrà,
a urlare il nostro dolore.
E a cantare, per sempre,
il nostro canto d’amore!


Copyright©grazialongo 8 settembre 2010

tutti i diritti riservati

mercoledì 1 settembre 2010


Una storia d'amore e d'odio, di genio e di follia, d'inferno e paradiso, di vita e di morte ...

Un'altra triste, sconvolgente storia di donna.

Alla fine del secolo scorso, Camille, una ragazza di diciassette anni, per quanto potesse essere scandaloso ed inconcepibile nell'asfittico mondo imbevuto dal perbenismo maschilista ottocentesco, decide di diventare scultrice, a tutti i costi, e si lancia, con impeto e coraggio, nell'avventura, andando incontro, come donna e come artista, a un destino crudele.

Incontra Auguste Rodin, famoso e affermato scultore, che la prenderà, prima come allieva, e poco dopo, come amante. Seguono quindici anni di appassionata e tempestosa relazione, dalla quale Camille uscirà sconvolta e vinta, nell’anima. Fu ingannata e sfruttata miseramente dall'amante, artista dal tocco potente, ma imprigionato dai manierismi accademici, che firmò come sue, opere completate da lei.

Camille morirà nel 1943, nell'ospedale psichiatrico vicino ad Avignone, dopo trent’anni, lasciando sculture di sconvolgente bellezza visionaria.

Quasi dimenticata per quarant’anni, viene rivalutata dai critici, grazie a un libro (Une femme di Anne Delbée, Presses de la Renaissance, 1982) e a un film (Camille Claudel, regia di Bruno Nuytten, con Isabelle Adjani e Gerard Depardieu, 1988).


L’immagine raffigurata da "La valse" è opera visionaria e inquietante che vibra, e fa vibrare, d'angosciosa emozione. I due corpi tesi, avvinti, fusi in uno spasimo che ha una dimensionalità di sconvolgente bellezza, recando in sé qualcosa di tragicamente sospeso. Angosciante espressione di un attimo assoluto, e perciò, fragile e insostenibile.

Attimo effimero ed eterno. Al di là del quale, s'intravede il baratro mortale dell'estremo, della passione distruttiva. Passione che infiamma quelle anime, quei corpi fusi, percorsi da un fremito musicale e terribile.

Lei è senza sostegno, nel turbine, appoggiata alle braccia possenti di lui, totalmente in balia della morsa, che l'accende e la divora. Così era Camille, sperduta senza di lui, che l’ha amata, sfruttata e abbandonata, senza che lei avesse consapevolezza delle sue superbe capacità artistiche negate, ancora una volta, da realtà culturali e barriere sociali, che consegnano il genio e il coraggio delle donne alla crudeltà, la mistiificazione, lo sfruttamento e la follia. Donne uccise due volte, nell'inganno e nell’oblio.

L'opera L'età di mezzo, bronzo, 1899 – 1913,ben rappresenta il sentimento di Camille per Rodin, che per lei era stato tutto e lui tutto le aveva preso …

Nel primo progetto dell’opera questo gruppo di tre figure - vecchiaia, età di mezzo, giovinezza- appariva fisso e immobile.

E'sconvolgente la versione definitiva, del 1898, che esprime nel movimento una drammaticità così lacerante da diventare sonora: un urlo d’angoscia!

La giovane donna inginocchiata, conosciuta come L'implorante (1894), è l’immagine stessa di Camille alla rottura con Rodin, integrata in una composizione più vasta e drammatica.

Qui ella resta isolata e le sue mani non riescono più a raggiungere quelle dell'uomo, come accadeva nel primo progetto. Il contrasto tra le vivide figure, lisce e nude, e le pieghe tormentate dei drappeggi, fanno di quest’opera un'allegoria visionaria del tempo, dell’abbandono e della morte, nel senso più ampio di perdita, non riparabile.

E’ un’opera che rivela l’anima e il tormento dell’artista e della donna ferita, oltraggiata, colpita nelle pieghe d’anima più recondite, in quello che per lei era respiro.

E un urlo di dolore sovrumano si libra nell’aria e grida al mistero della vita, al di là delle false apparenze. Ecco l’anima, in un urlo di metallo che penetra la carne. Indicibile emozione…

Copyright©grazia longo

Un sogno da bruciare

Un sogno da bruciare

Amare e odiare
non è servito a niente.
Un sogno da bruciare
ma il cuore non si pente.
Non cesserà d'amare
le ceneri mai spente.

Vivere senza amare
è vago respirare.

In questo mare denso
oggi fatica è navigare
per cercare un senso
al sogno da bruciare.

Dal cielo vado via con nostalgia.
Appeso alle nuvole per magia
mi resta l'aquilone della poesia.

Autore: Grazia Longo
Poesia inserita il 11/08/2009

Dal sito Scrivere (www.scrivere.info)
Opera pubblicata nel sito Scrivere.info ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza il consenso dell'Autore.

Un sogno da bruciare

Un sogno da bruciare

Amare e odiare
non è servito a niente.
Un sogno da bruciare
ma il cuore non si pente.
Non cesserà d'amare
le ceneri mai spente.

Vivere senza amare
è vago respirare.

In questo mare denso
oggi fatica è navigare
per cercare un senso
al sogno da bruciare.

Dal cielo vado via con nostalgia.
Appeso alle nuvole per magia
mi resta l'aquilone della poesia.

Autore: Grazia Longo
Poesia inserita il 11/08/2009

Dal sito Scrivere (www.scrivere.info)
Opera pubblicata nel sito Scrivere.info ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza il consenso dell'Autore.